Era tempo che pensavo di scrivere qualcosa sulla toponomastica di Pantelleria, quando mi è capitato di ascoltare su Rai Radio 3 la puntata della trasmissione “La Lingua Batte”, dedicata agli apporti dell’Arabo alla Lingua Italiana.
Se c’è un posto dove immediatamente si percepisce il legame segreto tra la lingua e il passato vissuto dalla sua gente, questo luogo è Pantelleria. A partire dalla sua più antica denominazione “Bent el rion” (figlia del vento) e successivamente “Qawsarah” (Cossira al tempo dei Romani), si rivela chiaramente l’etimologia araba del nome di Pantelleria.
I millenari rapporti tra italiano e arabo iniziano ancor prima della nascita della lingua italiana con l’arrivo degli Arabi in Sicilia all’inizio del medioevo.
Il numero dei prestiti arabi nel lessico scientifico occidentale è incalcolabile nei campi della matematica, come della medicina, della fisica e dell’astronomia, ma a Pantelleria l’apporto della lingua araba permea visibilmente la vita pubblica e privata dell’isola.
Ecco perché, appena sbarcati a Pantelleria, ci si trova repentinamente immersi in un mondo sonoro di parole vagamente gutturali, di accenti inusuali che evocano esotiche atmosfere: le contrade e i luoghi che percorriamo hanno nomi come Bukkuram, Rekhale, Karuscia, Khamma, Gadir, Khaggiar, Khattibuale, Nicà…
Oggi, grazie alla televisione, tutti i panteschi parlano un perfetto italiano ma il lessico pantesco contiene tuttora numerosi arabismi e prestiti linguistici e dialettali di varia provenienza, cosicché anche una banale conversazione può talvolta presentare curiosi trabocchetti nascosti.
A questo proposito eccovi il dialogo, avvenuto circa 30 anni fa, tra me e Franca, nostra vicina di casa, in cui cercavo invano di conoscere la ricetta di una tipica specialità gastronomica pantesca di origine araba.
– Mangiasti mai a Cubbaita?
– No, credo di no, ma che cosa è la Cubbaita?
– Este a cosa duce che si mangia pe’ Natale.
– Ma come è fatta? Con quali ingredienti? – incalzo.
– A Cubbaita si fa co’ a Giuggiulena, i Mennule e co’ Mele.
Nonostante i più creativi tentativi gestuali e linguistici da entrambe le parti non mi riuscì allora di capire il significato dei misteriosi ingredienti. Solo anni dopo compresi che si trattava di una specie di torrone croccante fatto con il miele, le mandorle e i semi di sesamo.
La Cubbaita è una ricetta antichissima, il cui nome deriva dall’arabo qubbiat ‘mandorlato’, nota in tutta la Sicilia con vari nomi tra cui Giuggiulena, termine anche’esso arabo da giolgiolan o giulgiulan ovvero ‘sesamo’.
Piccolo elenco di contrade o luoghi panteschi con il loro significato in lingua araba:
Bukkuram da bu ‘padre’ e karm ‘vigna’ = padre della vigna
Fram da afran ‘forni’
Gibele da gebel ‘monte’
Khaggiar da hagar ‘pietra nera’
Karuscia da haraschia ‘luogo roccioso’
Khattibuale da hatt ‘striscia’, bu ‘padre’, Alì ‘nome proprio di persona’ = striscia del Padre di Alì
Li Marsi da marsa ‘porto’
Margana da marg ‘campo’
Muéggen da muagen ‘cisterne’
Nicà da nicà ‘stagno d’acqua’
Rekhale da rihali ‘vento forte’
Sibà da sabah ‘mattino’
Clicca qui per ascoltare Gli arabismi in italiano – La Lingua Batte del 14/02/2016 – Rai Radio 3