Che cosa c’entrano i Pistacchi di Bronte con l’isola di Pantelleria? Ebbene sì, molti anni fa, agli inizi degli anni ’80 e quando ancora non si parlava di prodotti DOP né dei Pistacchi di Bronte, la pianta del pistacchio ha incrociato il destino di Giardini di Pantelleria.
Approdata da poco sull’isola, ero alla ricerca di piante per i nostri terreni. Ai tempi a Pantelleria dominava la coltivazione dell’uva e quella del cappero, in alcune zone cresceva spontanea la macchia mediterranea, lecci e pini coprivano la Montagna Grande, un’immensa bellissima pineta si estendeva Dietro l’Isola, autoctone palme da dattero svettavano qua e là accanto ad alcuni dammusi.
Decisamente scarsa invece la presenza di piante decorative: qualche geranio in vaso faceva la sua timida comparsa sui muretti. Ricordo una striminzita Bougainvillea, che stranamente sbucava da un bidone di benzina (ancora oggi la potete vedere ad una curva della strada per Bukkuram), e soprattutto, nelle vicinanze dell’aeroporto, il profumo inebriante in primavera di una pianta con dei fiorellini gialli simili a quelli della mimosa… Naturalmente feci subito fuoco e fiamme per procurarmi un esemplare di tale pianta, che scoprii successivamente essere un’Acacia horrida. Per i curiosi questa fu la prima pianta da me piantata e si trova tuttora proprio all’ingresso della proprietà vicino al cancello. Nessuno la degna di uno sguardo, se non quando i suoi fiori spandono all’ intorno il loro penetrante olezzo: bassotta (raggiunge a malapena il metro di altezza nonostante abbia più di 30 anni), ha pericolosi pungenti aculei e neanche il suo portamento appare degno di nota. Da anni sono tentata di estirparla, ma ogni volta motivi sentimentali mi trattengono: essa è un po’il simbolo della mia iniziazione botanica.
Allora sull’isola non esisteva ancora un vivaio e solo durante i mesi estivi ogni quindici giorni o più arrivava dalla Sicilia con il suo camioncino un vivaista di Mazara, al quale ordinavo lantane, gelsomini, bougainvillee, e qualche giovane palma… Contemporaneamente soddisfacevo il mio entusiasmo botanico trasportando in maniera rocambolesca su Fokker e ATR 42 piante di banano e di papaia, destinate a essere inesorabilmente distrutte dal vento, dalla carenza d’acqua e dalla scarsa innata propensione dei contadini panteschi ad occuparsi, in mia assenza e durante l’inverno, di piante sconosciute e presumibilmente poco produttive…
Delusa dai miei improbabili esperimenti botanici cominciavo già a rendermi conto che essere nel mezzo del Mediterraneo non significava essere nell’ ubertoso “paese dove crescono i limoni” di Goethe. Se per far crescere un albero di limone a Pantelleria bisognava addirittura costruirgli intorno un muro di pietra alto quasi 3 metri, per azzardarsi a piantare altri alberi bisognava iniziare ad occuparsi seriamente di botanica, studiare l’esposizione, l’andamento dei venti, il regime delle piogge, la composizione del terreno…
Fu così che, passando per la Sicilia, decisi di visitare il Giardino Botanico di Palermo, luogo dove Goethe aveva avuto per la prima volta nel 1787 l’idea della pianta primigenia (prototipo originale di tutte le forme di piante esistenti). Iniziò da qui la mia fatale ricerca della“pianta ideale”per Pantelleria: una pianta in grado di sopravvivere alle lunghe siccità primaverili ed estive, resistente al vento e alle alte temperature dell’estate (bisogna anche considerare che all’epoca non c’era ancora il dissalatore e che l’unica acqua disponibile era quella piovana o quella portata dalle navi cisterna). Ai tempi mi ero inoltre già fatta un po’ contagiare dalla mentalità contadina e quindi incominciavo a pensare a delle coltivazioni che fossero anche in qualche modo produttive. Si intrecciavano i consigli di amici e parenti: chi raccomandava il kiwi, chi l’aloe, altri la jojoba…
Infine decisi che la pianta giusta era il pistacchio, pianta resistente alla siccità, come al vento e per di più caratterizzata da molteplici utilizzi in gastronomia.
Identificata la pianta giusta nel Pistaciavera, stretto parente del Pistacialentiscus, diffusamente presente sull’isola (e già questo era un presagio favorevole all’impresa!), il passo successivo divenne quello di procurarsi la pianta. Avevo scoperto che il pistacchio era una pianta originaria del Medio Oriente e avevo proprio allora in programma un viaggio in Siria. In effetti le campagne siriane intorno ad Aleppo erano un’unica distesa di alberi di pistacchio, alternati ad albicocchi. Naturalmente appena scesa dall’aereo cercai di informarmi dove reperire la piccola pianta di pistacchio che cercavo. Sin dall’inizio la cosa non si presentò per nulla semplice: la coltivazione del pistacchio era considerata di interesse nazionale; il governo stesso gestiva la riproduzione del pistacchio fornendo direttamente ai contadini siriani le piantine da trapiantare nel campo. Strane domande mi si affacciavano alla mente. Mi chiedevo se la riproduzione fosse un procedimento così delicato da non poter essere fatto dai contadini stessi; forse essendo una pianta dioica bisognava fecondare a mano fiore per fiore (così avevo sentito dire si faceva per alcune piante) o si trattava veramente di un segreto di stato? Era praticamente impossibile venire in possesso legalmente di piantine di pistacchio.
L’anno seguente con mia sorpresa sul Catalogo Ingegnoli fece per la prima volta ufficialmente la sua comparsa la pianta del pistacchio. Mi precipitai subito da Ingegnoli, ma rimasi delusa nello scoprire che no, non era al momento disponibile alcuna pianta di Pistacia vera, forse, mi dissero, l’anno seguente. Ma da allora in poi l’annuncio non fu più stampato… Il mistero si infittiva sempre più.
Successivamente, non ricordo come, venni occasionalmente a sapere (allora non c’era ancora internet !) che nella zona di Bronte in Sicilia c’erano coltivazioni di pistacchio e riuscii a mettermi telefonicamente in contatto con uno di questi produttori di Pistacchi di Bronte. Scoprii che sì, era possibile avere le piantine di pistacchio, ma quante ne avrei volute? Il quantitativo minimo era di 100 piante… Dove, come le avrei piantate, chi le avrebbe adeguatamente curate? Il coraggio mi venne meno e rinunciai all’impresa senza neanche chiedere quanto costassero.
Recentemente l’anno scorso, correva il 2014, visitando uno dei tanti vivai oggi presenti a Pantelleria, ho scoperto per caso che aveva in vendita delle piante di pistacchio, maschi e femmine, perché il Pistacia vera, come ben sapevo, è dioico… Non sto a dirvi il prezzo!
Improvvisamente tutto quel mio “affaticarmi sotto il sole” mi apparve in tutta la sua vanità.
Ma per fortuna l’amarezza di aver perso la mia “occasione fatale” fu rapidamente sopraffatta dalla soddisfazione di poter contemplare le mie ordinate coltivazioni di zibibbo, le mie balze selvagge di fichi d’india, i miei muretti adorni dei cespugliosi capperi dal pungente aroma.